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Retail: "Calano gli ingressi e la convertion rate sale". Cosa c'è di cui gioire?

In questi mesi poche cose mi appassionano come il mondo retail, in particolare quello della moda. Mi sono divertito ad osservare il cosiddetto fenomeno del "Retail Apocalypse". Termine coniato in USA, che ha contagiato velocemente il mondo occidentale, ipotizzando il disastro a cui era esposto il mondo retail a causa delle restrizioni dovute alla pandemia.


In molti hanno detto la loro, di conseguenza fiumi di opinioni hanno invaso la rete e non solo. Ed è stata un'esperienza divertente ed utile per comprendere, quanto e se, le previsioni e la realtà dei fatti siano elementi distinti oppure convergenti. Per questo ho personalmente iniziato a raccogliere informazioni attraverso alcuni direttori retail di prestigiosi marchi internazionali del mio network, finché mi sono imbattuto in una risposta che mi ha lasciato davvero a bocca aperta :

"Quello che posso dirle è che a fronte di un forte calo di footfall (ingressi in un punto vendita), la propensione all’acquisto è molto più alta (Convertion Rate in forte crescita ovunque).

Praticamente un pugno in pancia, dritto alla bocca dello stomaco che mi ha tolto il fiato!

Non essendo sicuro di quello che avevo appena sentito, ho bloccato la voce interna per qualche secondo, respirato profondamente e poi ho cercato di analizzare questo distinto punto di vista in maniera positiva. Con una domanda fissa in mente: Cosa c'è di cui gioire?


Al contrario, la mia esperienza diretta è fatta di negozi vuoti, commessi annoiati a disinfettare ed ordinare gli scaffali per uccidere la noia. Di molti cartelli "affittasi" là dove vi erano signori marchi, ecc.. Inoltre, vengo quotidianamente bombardato di email, messaggini, con promozioni, sconti, ribassi del 70%. Praticamente le aziende che "ti pregano" di svuotargli i magazzini, dall'invenduto estivo. Per non parlare dell'attività digitale "assordante" che esplode in maniera roboante tutte queste campagne. Come se non bastasse, i piu recenti studi di settore (febbraio 2020), affermano che:

Su 100 persone che entrano in un punto vendita, 45 escono rapidamente, 55 parlano con un venditore,

ma SOLO 11 comprano.

Quindi, se 89 persone entrano ed escono senza acquistare vuol dire che c'è più di un problema. E il problema non è sito solo nel tipo di cliente che entra in negozio, ma sicuramente vi sono componenti nel punto vendita che non funzionano a dovere. Sbaglio?


Infatti alcune cause, hanno nomi e cognomi chiari:

  • la qualità delle conversazioni dei venditori coi clienti, che risultano essere inefficienti e lacunose.

  • credere che l'acquisto del cliente sia più frutto della valorizzazione del prodotto e l'allure del marchio, piuttosto che del contributo del talento umano durante la fase critica della conversazione col cliente.

Fatte queste premesse, il dubbio aumenta: Ma cosa c'è da gioire?


Ho fatto un ulteriore sforzo, ho cercato di mettermi nei suoi panni per comprendere le motivazioni di tanto entusiasmo.

Mi son detto: forse ritiene che sia valido il motto "meglio pochi ma buoni", eppure ancora non ne sono convinto.

Infatti da che mondo è mondo, quale azienda, quale manager sarebbe felice di vedere un calo di interesse del target verso il proprio marchio, prodotto, servizio ecc.. ? Nessuno.

Inoltre, quale proprietà e quale fondo d'investimento (di cui la moda è piena per le marginalità enormi che genera) sarebbero felici di "limitarsi" a lavorare sulla clientela acquisita senza portarne di nuova e soprattutto convertirla, vedendo così crollare il valore del proprio investimento? Nessuno.


Insisto: Ma allora cosa c'è da gioire?


Ho pensato: essere felici di qualche risultato positivo a fronte di previsioni catastrofiche?

Ci può stare, ma ancora non mi convince (del tutto). Infatti un risultato frutto del momento, privo di visione a medio e lungo raggio, per giunta a sorpresa, è effimero. Una vera e propria "vittoria di Pirro". Ma chi può gioire di una vittoria simile?

Solo un manager miope che basa le sue azioni e decisioni sui Risultati, che non sono frutto delle sue attività messe in pista. Mica è lui a dire alla gente "non entrate!" oppure "entrate solo se comprate!".


Ma allora cosa c'è da gioire? Nulla.

  • Non lavorare sulle proprie risorse, ignorare le attività di vendita, ovvero non dare loro nuovi strumenti per svolgere al meglio il proprio lavoro (es: le conversazioni di vendita col target, la scienza della persuasione e la conoscenza del processo decisionale umano, ecc..) è un errore strategico imperdonabile.

  • Non comprendere che più è alto il numero delle persone che entrano sia un bene, e' contronatura nel business oltre che prova di miopia.

  • Oggi, ignorare la maggior preparazione dei clienti rispetto al passato, espone il venditore a brutte figure (vedi i numeri pre covid che lo attestano).

  • Perdere opportunità nel non impegnarsi a trasformare un "curioso" in un acquirente è un "delitto" da sempre per chi fa affari, con o senza covid.

  • Ritenere che il tasso di conversione cresciuto a fronte di meno ingressi, sia una buona notizia, denota il fatto di aver sottovalutato un grave problema organizzativo prima (es: sotto staff?) ed aver quindi perso molte opportunità in passato. Inoltre, significa attribuire il merito della vendita solo allo straordinario lavoro di marketing e comunicazione a discapito di quello degli addetti alle vendite.

Nuove domande a questo punto emergono:

  • Il venditore retail serve solo a piegare, ordinare, ecc... oppure è risorsa in grado di valorizzare e finalizzare il grande lavoro della catena che ha ispirato qualcuno ad entrare in un negozio per comprare?

  • Siamo sicuri che i manager, a cui vengono affidate fortune, abbiano davvero le idee chiare sul da farsi e non siano legati ad obsoleti concetti di un mondo non più attuale?

  • Quali i criteri che ispirano le aziende ad affidarsi a manager del genere?

  • Siamo proprio sicuri che sia il lockdown la causa della chiusura di molti punti vendita?

Brand2live dal 2006 al fianco di manager brillanti ed ispirati, di aziende che curano i minimi dettagli per fare concretamente la differenza.


ST










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